Wednesday, 22 October 2014

Repost: La piu' colossale "delocalizzazione" della Storia




Il giorno del solstizio d'estate 1941 (22 giugno), 146 divisioni tedesche attaccarono di sorpresa l'Unione Sovietica, a cui  la Germania nazista era legata dal Patto di non Aggressione Molotov-Ribbentrop, firmato nell'agosto del 1939.


Per vari et assortiti motivi che non rientrano nello scopo di questo post, Stalin venne colto con le brache calate e le veloci Panzerdivision della Wehrmacht supportate dalla Luftwaffe, iniziarono con ampie manovre d'accerchiamento, ad annientare sistematicamente le grosse, lente e disorganizzate formazioni sovietiche, la cui vulnerabilita' era accresciuta sensibilmente dalla disposizione da ritardato mentale scelta da Stalin, che al posto di una difesa in profondita', aveva optato, per altri vari et assortiti motivi che non rientrano negli scopi di questo post, per una "difesa avanzata" sui confini dell'URSS.



Le direttrici d'attacco tedesche: 22 giugno 1941.



Il piano ideologico di Hitler era piuttosto semplice: in osservanza ai precetti delle sue dottrine razziali e dello "spazio vitale" ("Lebensraum", termine coniato non da Hitler, bensi' dal geografo ed etnografo tedesco Friedrich Ratzel nel 1901), la Russia Europea e le sue vaste risorse agricole e minerarie, sarebbe dovuta diventare una colonia tedesca, abitata da coloni tedeschi, assicurando cosi' il sostentamento al "Reich dei Mille Anni" in quella che sarebbe stata la successiva sfida contro gli Stati Uniti e l'Impero Britannico.

Il destino dei piu' di 100 milioni di russi che "incidentalmente" si trovavano a occupare quella che era casa loro, era inevitabilmente segnato da tre "peccati originali" che il nazismo non perdonava: l'appartenenza a una razza inferiore (quella slava), essere comunisti, ed essendo comunisti fare parte del complotto ebraico di cui il comunismo era l'espressione compiuta.

Sulla carta, i pianificatori nazisti non prevedevano per i russi lo sterminio sistematico riservato agli arcinemici ebrei, ma in realta', essere slavo nell'ambito del Generalplan Ost (Piano Generale per l'Europa Orientale) equivaleva a essere una bestia da soma a completa disposizione dei capricci dei padroni ariani: in sostanza, carne morta.




Generalplan Ost: la Russia sotto il Nuovo Ordine nazista.


Dal punto di vista militare, i tedeschi prevedevano di fermarsi su una linea che dalla citta' di Arkhangelsk sul Mar Bianco si spingeva fino ad Astrakhan sul Mar Caspio, dopo aver accerchiato e distrutto il grosso dell'Armata Rossa nel settore del Gruppo Armate Centro, prima che i sovietici si ritirassero oltre il corridoio formato dai fiumi Dvina e Dniepr nei pressi di Smolensk: in sostanza la classica dottrina difensiva russa di cedere terreno in cambio di tempo attirando  il nemico in profondita' nel territorio russo.

Una dottrina che aveva funzionato egregiamente per secoli, come nel 1709 contro gli svedesi guidati da Carlo XII e contro Napoleone nel 1812 e che, anche nel 1941 a causa di alcuni gravi errori commessi dello Stato Maggiore tedesco, la Wehrmacht non riusci' a impedire.

Non e' questa la sede per discuterne, ma contrariamente a quanto si pensa e soprattutto a quanto sostenne dopo la guerra la casta militare prussiana per rifarsi una verginita' dopo il patto col demonio, buona parte di questi errori non fu commessa da Hitler, ma dai suoi generali. 




Pianificazione e esodo

Se l'Operazione Barbarossa colse completamente di sorpresa Stalin e l'Armata Rossa, altrettanto non si puo' dire dell'economia sovietica: i comunisti erano degli esseri umani abominevoli, ma al contrario di quei mongoloidi a pile dei liberisti che credono in idiozie stregonesche tipo "se i confini sono attraversati da merci difficilmente saranno attraversati da eserciti" (Claude Frédéric Bastiat), Peppe Baffone e i suoi pragmatici pianificatori marxisti-leninisti, avevano correttamente previsto che negli anni 40 sarebbe scoppiata una guerra europea su vasta scala  e quasi certamente contro la Germania nazista.

 Nell'aprile 1938 era stato infatti istituito uno speciale comitato industrial-militare allo scopo di organizzare la  rapida conversione e mobilitazione dell'industria pesante sovietica dalla produzione civile a quella bellica.

Da questo punto di vista, allo scoppio della guerra, l'industria sovietica era piu' pronta di quella americana che entro' in guerra sette mesi dopo, dal momento che l'intero dispositivo economico girava gia' a pieno regime grazie all'industrializzazione forzata voluta da Stalin con l'introduzione dei famigerati Piani Quinquennali  nel 1931 (quello che entro' nella Seconda Guerra Mondiale era il terzo, iniziato nel 1938).

In Russia, nel 1940,  la produzione di armi e materiale bellico aveva gia' sorpassato quella di beni di consumo, tanto che la produzione di articoli come macchine da cucire e macchine fotografiche era cessata completamente.

Del resto, tutte le fabbriche di locomotive e trattori costruite alla fine degli anni 30 erano state pensate per una rapida riconversione alla produzione di tank, cosi' come l'intero indotto manifatturiero era pronto per una riconversione alla produzione di armi e munizioni.

Fra l'altro, il programma di mobilitazione prevedeva gia' il "trasloco" di tutta l'industria pesante dalla Russia Europea agli Urali, anche se per motivi politici legati al timore che potesse essere interpretato come "disfattismo antirivoluzionario", il piano di evacuazione non venne mai reso pubblico.

Ma il 24 giugno del 1941, a due giorni dall'inizio dell'invasione tedesca e con l'Armata Rossa nel guano fino al collo, tale piano divenne una necessita', accentuata dalla rapidita' con la quale la Wehrmacht stava penetrando nel territorio russo.

Quello stesso giorno venne infatti nominato  il  Consiglio per l'Evacuazione, il cui vice-presidente Alexei Kosygin (uomo intelligente di vedute decisamente riformatrici che durante la Guerra Fredda divenne Primo Ministro dell'URSS affiancando il Segretario del PCUS Leonida Breznev) dopo aver ricevuto da Stalin l'ordine di alzare il culo, ordino' al direttore del GOSPLAN (Gosudarstvenny Komitet po Planirovaniyu, Commissione Statale per la Pianificazione) Nikolai Voznesenskii, di muovere il culo e organizzare la "delocalizzazione" di tutti gli impianti e la manodopera della Russia Europea verso gli Urali.

 E quando Stalin vi dice di muovere il culo, voi prima sparate il culo con un cannone ad alta velocita' e poi gli correte appresso per essere sicuri di non arrivare in ritardo.

I numeri di questo colossale esodo, come tutti i numeri  della guerra sul Fronte Orientale, fanno girare la testa: nel 1941 furono spostate complessivamente 1360 fabbriche, di cui 455 negli Urali,  210 nella Siberia Occidentale, 250 nell'Asia Centrale e nel Kazakistan e il resto nella Siberia Orientale.

La procedura era stata semplificata al massimo per evitare i cronici "colli di bottiglia" del regime sovietico: una volta accertata l'approssimarsi della minaccia a uno stabilimento, il soviet locale inviava una richiesta al commissario industriale responsabile di quel settore, che, dopo aver analizzato la situazione e verificato la necessita' di battersela alla velocita' della luce, otteneva il via libera dal Consiglio per l'Evacuazione che assegnava inoltre data, mezzi di trasporto e destinazione finale dello stabilimento, anche se in alcuni casi di particolare emergenza, le autorita' locali agirono autonomamente scavalcando l'autorita' centrale.

Tuttavia, che si trattasse di intelligente pianificazione, di patriottismo, di fedelta' al partito, paura dei nazisti o semplice coercizione, questo sforzo immenso  fu reso possibile esclusivamente grazie all'ottimo stato delle ferrovie sovietiche, visto che la rete stradale russa come si accorsero ben presto a spese loro i tedeschi, faceva cagare mattoni ed era in una condizione forse peggiore di quella di un paese odierno del Terzo Mondo.


Comunque, a questo punto abbiamo il piano, gli uomini e i mezzi di trasporto per spostare il tutto, quindi si puo' cominciare? Uhmmm, non proprio, perche' rimane ancora un piccolo dettaglio da prendere in considerazione: siamo anche impegnati nella piu' gigantesca campagna bellica terrestre della storia dell'umanita' contro un nemico stronzo, intelligente, preparato e bene armato che ci vuole morti e che per questo sarebbe opportuno fermare.

Il problema organizzativo era stupendamente complesso nella sua apparente semplicita': bisognava infatti trovare il materiale rotabile e le linee ferroviarie per spostare l'intero apparato industriale sovietico dalla Russia Europea al resto del paese, e, contemporaneamente quello necessario a mobilitare, inviare al fronte e rifornire due milioni e mezzo di soldati dell'Armata Rossa impegnati in feroci combattimenti.

In sostanza, ogni treno doveva trasportare soldati, cibo, armi e munizioni all'andata, e macchinari industriali al ritorno.

Per far questo, i sovietici avevano a disposizione 700.000 fra carri merci, carrozze passeggeri e locomotive, una cifra che pare sicuramente impressionante se non consideriamo che per smontare e trasportare uno stabilimento del Donbas (Ucraina) occorsero 13.000 carri e che dal 7 agosto del 1941, solo per evacuare gli impianti metallurgici nel bacino del Dnieper, furono necessari 3000 carri al giorno.

Se a questo aggiungiamo che per muovere una divisione di fanteria sovietica occorrevano 750 carrozze, che i russi all'inizio di Barbarossa avevano un totale di 304 divisioni di ogni tipo e che quelle corazzate richiedono molte piu' carrozze, i calcoli son presto fatti, e quindi del totale di 700.000 carrozze, circa la meta', 350.000, venne utilizzata per l'evacuazione dell'industria pesante.

Il tutto sotto la minaccia costante dei panzer tedeschi che macinavano anche piu' di 60 chilometri al giorno e degli attacchi aerei della Luftwaffe.

Voglio dire, stiamo parlando di evacuare o spostare l'intero potenziale militare/umano/industriale dell'Unione Sovietica, mica del Lussemburgo.

Ma questo era solo l'aspetto piu' sbarazzino dell'intero sforzo organizzativo: gia', e proprio perche' non stiamo parlando del Lussemburgo,  il trenino ciuf ciuf che partiva carico di macchinari industriali da Smolensk nella Russia Centrale coi panzer alle calcagna e gli Stukas sulla testa, doveva fare 2070 chilometri per arrivare in posti dimenticati da dio ma non da Stalin, come Magnitogorsk, situata all'estremita' meridionale della catena degli Urali e oggi come allora, sede del piu' importante centro siderurgico della Russia: diciamo la Bagnoli sovietica. 

Dopodiche', bisognava girare il trenino ciuf ciuf e rispedirlo di gran carriera  a Smolensk carico di truppe o munizioni raccolti lungo il percorso.

Magnitogorsk nel 1930. Oggi come allora, un posto di merda.


Quello della tempistica fu in effetti uno dei problemi piu' spinosi che il Consiglio per l'Evacuazione dovette affrontare: all'inizio delle ostilita' i sovietici stimarono in 15 giorni il tempo necessario a ogni convoglio ( si parla di treni di 70 e piu' vagoni) per  caricare il materiale, arrivare a destinazione, scaricare il materiale e ripartire nella direzione opposta, ma la stima si rivelo' troppo ottimistica e alla luce di imprevisti come una linea interrotta da un bombardamento il tempo effettivo richiesto sali' a circa un mese.

Inoltre, in ossequio alla ben nota "legge delle attivita' umane organizzate" secondo cui dopo 48 ore di tali attivita' qualcosa finisce inevitabilmente a puttane mandando a puttane anche il resto, l'evacuazione dell'industria bellica sovietica non fece eccezione e glielo si puo' anche concedere, viste le condizioni non esattamente da "meeting del consiglio d'amministrazione" in cui si svolse.

In diverse occasioni si scopri' quando era ormai troppo tardi, che qualcuno piu' bestia in matematica del sottoscritto, aveva cazzato clamorosamente calcoli e stime e che quindi non c'erano abbastanza carrozze per caricare tutto il materiale che dovette essere distrutto o abbandonato sul posto.

Un altro casino di notevoli proporzioni fu quello causato dallo smistamento del traffico ferroviario su linee ovviamente sovraccariche: non di rado il materiale rimosso da un sito, o arrivava a destinazione a spizzichi e bocconi, o nel posto sbagliato, oppure non arrivava del tutto. Nei primi mesi di guerra, su un totale di 700 fabbriche "delocalizzate', solo 270 arrivarono a destinazione nel posto giusto, nell'ordine giusto e con tutto il materiale occorrente per essere rimontate e riprendere la produzione in tempi accettabili. 

Errori particolarmente gravi nello smistamento del traffico ferroviario e nella pianificazione fecero si' che in alcuni casi, interi convogli carichi di macchinari e materiale industriale, continuassero a girare senza meta per mesi attraverso l'Unione Sovietica "tam'me la merda inti tüb", ovvero, tanto per italianizzare un detto dialettale delle mie parti (Pavia), "come stronzi nelle tubature delle fogne", senza che nessuno avesse la piu' pallida idea di dove fossero, di dove mandarli e soprattutto di cosa farne.

 E le rogne non finivano nemmeno quando il materiale arrivava a destinazione, perche' non e' che  uno si sveglia la mattina e decide di  far sbocciare una fabbrica che sforna 200 tank T-34/76 al mese come un cespuglio di rose in un giardino: questa e' la realta', mica la "mano invisibile dei mercati".

Bisognava infatti individuare aree e edifici adatti allo scopo, collegarli alla rete elettrica, fognaria, ferroviaria e stradale nel caso non lo fossero, costruire alloggi per gli operai e in alcuni casi partire letteralmente da zero quando sul posto non esisteva nessuna infrastruttura. In non poche occasioni si dovettero requisire teatri e centri culturali ( le chiese lo erano gia' state, una delle poche iniziative condivisibili del comunismo).

Dalla sola area di Mosca, furono rimossi e rilocalizzati negli Urali, 498 stabilimenti di vario tipo che richiesero l'impiego di 80.000 carri merci.

Naturalmente, questa impresa titanica ebbe successo nonostante le immani difficolta' e gli errori, altrimenti ora scriverei i post di London Alcatraz nella lingua di Goethe, e alla fine del 1941 piu' di 1523 grandi fabbriche erano state sottratte dalle rapaci mani dei nazisti.


Nonostante il successo del gigantesco esodo delle industrie, la produzione bellica  in URSS non pote' essere ripresa efficacemente che verso la meta' del 1942. In quel periodo e quasi fino alla fine della guerra, l'URSS non fu in grado di produrre derrate alimentari in quantita' sufficiente a sfamare operai, soldati e contadini sia a causa della perdita di immensi territori agricoli occupati dai tedeschi, sia a causa di una politica agricola di collettivizzazione disastrosa e criminale voluta da Stalin negli anni 30.



E siccome come soleva dire Napoleone Bonaparte "gli eserciti marciano sullo stomaco", chi salvo' l'Armata Rossa e l'URSS dalla fame piu' nera, fu la "spam", la carne in scatola spedita in quantita' industriali  insieme ad altre derrate alimentari dallo Zio Sam tramite la "Legge Affitti e Prestiti" che riforni' generosamente l'Unione Sovietica anche di carburante avio, apparecchi radio, camion, scarpe e jeep che permisero a Stalin di concentrare la produzione bellica su tank, cannoni, aeroplani, armi e munizioni, consentendogli di risparmiare forza lavoro altrimenti destinata a quelle categorie logistiche.

Checche' ne dica il revisionismo storico stupidamente antiamericano o quello  scioccamente filoamericano che  vede solo il D-Day e ignora il ruolo determinante dell'URSS e del popolo russo nella sconfitta del nazismo, la collaborazione fra angloamericani e Unione Sovietica funziono' infatti molto bene nonostante tutte le difficolta' derivanti dalle differenze ideologiche.


Le fonti del post sono tratte da Wikipedia, "Absolute War:Soviet Russia in the Second World War" di Chris Bellamy e "The Soviet Economy and the Red Army, 1930-1945" di Walter Scott Dunn.